“Babbo, ma la guerra è arrivata a Oristano?”

Questa la domanda posta questa mattina da una bambina al proprio padre. Mi racconta che, mentre sfogliava il giornale, l’attenzione della piccola è caduta su una foto nella sezione dedicata alla cronaca di Oristano. Nell’immagine c’era del fumo. E nella mente della bambina, questa mattina, quel fumo ha richiamato immediatamente le tante immagini del conflitto tra Russia e Ucraina che ormai da diverse ore stanno facendo il giro del mondo.

Scene che suscitano in ciascuno di noi sentimenti contrastanti di rabbia, frustrazione, paura, orrore, sconforto, tristezza e senso di profonda ingiustizia. Di fronte a tanta angoscia, gli adulti sono soliti rifugiarsi nell’informazione, cercando nel parere di esperti, nelle trasmissioni, nei testi e negli articoli delle risposte che possano aiutarli a comprendere la drammaticità del momento.

E i bambini? Chi aiuta loro a comprendere tanto orrore?

Proprio come “i grandi”, quando gli equilibri sono turbati o frantumati da eventi di questo tipo, anche i più piccoli hanno bisogno del supporto dei “loro esperti”: di genitori e insegnanti, adulti di riferimento che sappiano contenere emotivamente tanto smarrimento, offrendo loro risposte semplici e chiare nel rispetto dell’età e delle capacità individuali di reggere tensioni e preoccupazioni.

Nel farlo, occorre anzitutto evitare di esporli ad un sovraccarico di notizie o ad immagini troppo cruente. L’adulto deve dunque filtrare l’informazione ma anche mediare tra questa e il bambino, aiutandolo così ad elaborarla al meglio. Sviare l’argomento o lasciare i propri figli soli davanti a tanta brutalità rischierebbe, al contrario, di creare nei loro pensieri convinzioni e scenari ancora più spaventosi di quelli reali.

Proprio come ha fatto questo padre, è importante partire dalle domande dei più piccoli e, accogliendone preoccupazioni e paure, guidarli nella costruzione di senso di ciò che stanno vivendo. Ciò non significa, ovviamente, inondarli di informazioni, dati, conseguenze catastrofiche ma sapersi porsi in una posizione di ascolto, senza minimizzare le loro angosce o, al contrario, acuirle.

A questo punto, un altro passo fondamentale consiste proprio nel legittimare quegli stati d’animo che il bambino vive. “Sai, oggi mi sento molto triste per quello che sta succedendo”, “Ho provato paura nel vedere quell’immagine al telegiornale” sono frasi che, nella loro semplicità, possono aiutare il bambino a “normalizzare” e accettare quell’emozione, dargli un nome e sentirsi meno solo nel doverla gestire.

Nel parlare loro della guerra è importante scegliere con cura parole, modi e toni con cui farlo. La lettura condivisa di libri e fiabe sul tema o la visione di film e immagini da commentare insieme possono costituire ottimi strumenti a sostegno del genitore, in grado di supportare la comprensione da parte del bambino oltre che favorire la creazione di un clima più disteso.

Da amanti dei “perché” quali sono i bambini, arriveranno poi ben presto a chiedere “Ma perché esiste la guerra?”. Non credo esista, purtroppo, una risposta unica e risolutiva. Si potrebbe dir loro è che si tratta di un modo sbagliato di provare a risolvere i conflitti, a cui si arriva quando al dialogo, all’ascolto e alla ricerca di soluzioni condivise si predilige la forza e la violenza. O ancora, si potrebbe rispondere che la guerra esiste perché spesso non si è disposti ad accettare che l’altro sia diverso da noi. Non inferiore, ma diverso. E che questa diversità, anche nel fare quotidiano, non sempre è rispettata ma calpestata, nella ferma convinzione che ci sia un forte e un debole. E il forte debba vincere. A tutti i costi.

Si tratta, in definitiva, di stimolare una riflessione sul tema della guerra partendo dall’esperienza concreta e tangibile che ciascuno di noi vive nel quotidiano, nei tanti conflitti che si generano a casa tra coniugi o con i fratelli, a scuola con i compagni, al bar o a calcio con amici e conoscenti.. Non possiamo evitare che i più piccoli entrino in contatto con l’angoscia derivante dalla guerra e da altre atrocità, ma possiamo aiutarli a trasformare questo dolore in senso di giustizia, fornendo loro gli strumenti per affrontare, anzitutto, i piccoli conflitti del quotidiano con le sole armi del rispetto e dell’accettazione reciproca.

“Babbo, la guerra è arrivata a Oristano?”

“Sì figlia mia, le guerre, anche se più piccole, sono anche qui”.

 

Dott.ssa Laura Corrias

Pedagogista

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Dott.ssa Laura Corrias

Pedagogista specializzata in Consulenza Pedagogica e Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA)

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