Ricostruire qualcosa che si è rotto senza temere di mostrarne le ferite, poiché sono proprio quelle che lo renderanno unico e prezioso.
Questo avviene nel Kintsugi, antica tecnica di restauro giapponese risalente al 1400, che prevede l’utilizzo di filamenti d’oro per la riparazione di oggetti in ceramica. Secondo quest’arte quindi le ceramiche rotte, proprio grazie alle spaccature e alle cicatrici, acquistano una nuova vita divenendo ancora più pregiate.
Quante volte ci è capitato di sentirci fragili o in frantumi come un vaso rotto? E quante volte abbiamo pensato che questa volta il colpo fosse talmente forte da non riuscire ad attutirlo o a rimettere insieme pezzi?
Credo che questa tecnica ci consegni diversi spunti di riflessione sulla nostra quotidianità, talvolta segnata da momenti di crisi, conflittualità e rottura.
Anzitutto il Kintsugi ci invita a saper scorgere nelle situazioni di rottura non una fine ma un’occasione di rinascita, riorganizzazione e crescita.
Ci sprona a saper accogliere il cambiamento, anche quando questo sembra distruggerci, e ci rivela potenzialità e prospettive fino ad allora sconosciute.
Ci insegna che per riparare e rimettere insieme i pezzi occorre cura, attenzione e tempo.
Ci ricorda, parafrasando Alessandro d’Avenia, l’arte del ri-conoscerci fragili, poiché quelle fragilità e ferite sono parte della storia e dell’unicità di ciascuno, non devono essere pertanto nascoste o fonte di vergogna.
Ci insegna, infine, che proprio da quelle cicatrici e da quelle situazioni di crisi che ciascuno di noi affronta nella propria quotidianità, può nascere un’inaspettata bellezza e preziosità.
Laura Corrias
Immagine: Wikipedia